Sud e letteratura/1

Su il manifesto del 18 novembre 2013 Franco Arminio scrive un articolo dal titolo “C’è una questione meridionale anche in libreria”. Volendo così prendere posizione contro la letteratura sul meridione prodotta da chi il meridione non lo vive ma lo osserva distrattamente da lontano. La conclusione cui giunge l’autore ridetermina il rapporto fra parole e potere, assegnando al linguaggio il compito di indirizzare la politica:

Il Sud raccontato male alla fine è facile

che sia governato male.

Nei successivi post pubblico le recensioni a due libri sul Sud: il primo è “Aspra Calabria” dell’antitaliano Giorgio Bocca e il secondo è “Il grande Otto” del giornalista catanzarese Bruno Gemelli. Due volumi diversi, realizzati in tempi lontani da due persone distanti per carattere ed esperienze, nei quali però vorrei rintracciare una medesima tensione al bene.

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Lugano, Wittgenstein: Il signor N.N. è morto ma sfonda alle comunali

da Infoinsubria

da Infoinsubria

Alle europee del 1984 l’effetto Berlinguer portò il Partito comunista italiano a sorpassare la Democrazia Cristiana. Accadde per la prima volta nella storia e fu anche l’unica. Ai punti percentuali finì con uno scarto dello 0,3, altrimenti sarebbe stato un pari a quota 33. Il segretario era già morto l’11 giugno, sei giorni prima delle consultazioni in cui correva come capolista defunto. Domenica, alle comunali di Lugano ha vinto la Lega ticinese (primo partito con oltre il 35 percento dei consensi) grazie ai novemila voti incassati dal leader Giuliano Bignasca, passato a miglior vita lo scorso sette marzo. Il rito delle elezioni resta impermeabile anche davanti al non esserci più dei candidati, poiché quel nome sulla lista è un fatto pubblico che non si annulla col trapasso di chi lo possiede. Continua a leggere

3/5. Politica e parole: ‘equità’

Da Fantozzi va in pensione

Da Fantozzi va in pensione

Mentre la campagna elettorale prosegue il suo cammino verso la tornata dell’ultimo week-end del mese e, seppur soverchiati dalle beghe mediatiche su banche e tribunali, cominciano a profilarsi matrimoni politici vecchi e nuovi (Bersani e Monti e… Vendola?), continua qui la carrellata dei termini chiave che accompagnano le settimane del pre-voto. Continua a leggere

2/5. Politica e parole: gli ‘esodati’

A quattro settimane dal voto per il rinnovo dei due rami del parlamento italiano e dopo aver aperto questa serie monografica di interventi con una ricognizione sul termine ‘riforma’, torno presentando la seconda parola che accompagna i discorsi pre-elettorali. Gli ‘esodati’ sono stati i campioni di un sondaggio promosso da repubblica.it, alla fine del 2012, quando sono risultati il segno linguistico più pronunciato dell’anno. Continua a leggere

1/5. Politica e parole: la ‘riforma’

Inauguro questa serie di interventi sulle parole che accompagnano la campagna elettorale in vista delle elezioni politiche italiane di fine febbraio. Nulla di scientifico legato a sondaggi o a istituti di censimento linguistico, ma solamente una raccolta di osservazioni estemporanee, di schizzi sui termini che più di altri tornano nei discorsi dei candidati e dei dirigenti di partito durante le loro performance locutorie. Parole che spiccano al solo ascolto disinteressato. Continua a leggere

Giornalismo e mondo: il gap fra parole e cose

Qualcuno fin troppo sprovveduto potrebbe già obiettare sul titolo. Si dirà che chi scrive fotografa la realtà, la riproduce, quasi la scrittura fosse un’attività mimetica rispetto a ciò che sta là fuori. Non è così. E, vi prego, non perché la penna sia maliziosa e desideri trasfigurare il racconto, falsificarlo, annullare l’originario rapporto di corrispondenza fra parole e cose. Continua a leggere

Fatti di parole, ma niente chiacchiere

Ci sono 'pipe' e pipe

Ci sono ‘pipe’ e pipe

 

Quando si racconta di una cosa, il discorso non è la copia mimetica di ciò di cui si parla. Ogni versione che si dà di un fatto ne restituisce anche un’interpretazione, un profilo. Qualsiasi abitudine simbolica, dallo scrittore al cineasta, dall’ultimo dei cronisti all’oratore più raffinato, mette all’opera un linguaggio che non ha alcuna corrispondenza col mondo là fuori. L’ha messo in chiaro molto bene Magritte, affascinato com’è dal rapporto conflittuale fra segni (parole e immagini) e oggetti. Ecco perché, a seconda delle esigenze, conviene essere aderenti alle cose, tentare di ricucire il gap per evitare di perdersi in chiacchiere.