Il costume sotto il grembiule

Liceali al bagno

Liceali al bagno

Sabato, l’ultima ora suona a mezzogiorno. L’autobus passerà fra un paio d’ore. Dai banchi al mare non c’è tanto e la strada è tutta in discesa. E’ un attimo e sono già in acqua. Liceali al bagno. Fra primi tuffi di stagione ed esordi di abbronzature sulla pella ancora biancastra. Lui mostra il fisico asciutto, lei il due pezzi stuzzica brufoli. Si sdraiano al sole, si rialzano, poi si rincorrono, sudano, inciampano. Terminano la corsa nel blu piatto e fresco della primavera di maggio. E’ la loro libertà. All’uscita di scuola, danno prova della loro capacità emancipativa oltre i luoghi tradizionali di esercizio del potere.

Un pensiero su “Il costume sotto il grembiule

  1. Falsetto

    Esterina, i vent’anni ti minacciano,
    grigiorosea nube
    che a poco a poco in sé ti chiude.
    Ciò intendi e non paventi.
    Sommersa ti vedremo
    nella fumea che il vento
    lacera o addensa, violento.
    Poi dal fiotto di cenere uscirai
    adusta più che mai,
    proteso a un’avventura più lontana
    l’intento viso che assembra
    l’arciera Diana.
    Salgono i venti autunni,
    t’avviluppano andate primavere;
    ecco per te rintocca
    un presagio nell’elisie sfere.
    Un suono non ti renda
    qual d’incrinata brocca
    percossa!; io prego sia
    per te concerto ineffabile
    di sonagliere.

    La dubbia dimane non t’impaura.
    Leggiadra ti distendi
    sullo scoglio lucente di sale
    e al sole bruci le membra.
    Ricordi la lucertola
    ferma sul masso brullo;
    te insidia giovinezza,
    quella il lacciòlo d’erba del fanciullo.
    L’acqua’ è la forza che ti tempra,
    nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi:
    noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo
    come un’equorea creatura
    che la salsedine non intacca
    ma torna al lito più pura.

    Hai ben ragione tu!
    Non turbare
    di ubbie il sorridente presente.
    La tua gaiezza impegna già il futuro
    ed un crollar di spalle
    dirocca i fortilizî
    del tuo domani oscuro.
    T’alzi e t’avanzi sul ponticello
    esiguo, sopra il gorgo che stride:
    il tuo profilo s’incide
    contro uno sfondo di perla.
    Esiti a sommo del tremulo asse,
    poi ridi, e come spiccata da un vento
    t’abbatti fra le braccia
    del tuo divino amico che t’afferra.

    Ti guardiamo noi, della razza
    di chi rimane a terra.

    (Eugenio Montale, “Ossi di seppia”)

Lascia un commento